Quando da piccolo andavo a scuola, portavo sulle spalle la mia bella cartella verde. Poi la cartella lasciò il posto alla cinghia fermalibri, allora alla moda ma per niente pratica, visto che ogni tanto qualche libro cadeva.
E quando diventai ormai grandino, diciamo dalle medie in poi, fece la sua comparsa lo zaino. Anzi lo zainetto, quello Invicta, che ancora oggi conservo. Ma quando faccio caso ai bambini di oggi e alla borsa con cui vanno a scuola, non vedo che zainetti. Che in alcuni casi diventano trolley. Insomma non c’è più traccia della gloriosa cartella.
Guardando invece i film giapponesi degli anni Cinquanta, mi sono accorto che i bambini avevano sulle spalle lo stesso tipo di cartella che portano ancora oggi e che si chiama randoseru. Dunque il Giappone in questo, e forse non solo in questo, ha conservato le sue tradizioni.
Ma la storia del randoseru, che proviene dall’olandese ransel che significa zaino, va ben più in là degli anni Cinquanta. E sembra risalire infatti, secondo la Randoseru Association, al 1877. Quando esso fu introdotto, a Tokyo, alla scuola Gakushuin, che aveva tra i suoi principi quello dell’uguaglianza tra gli studenti e che quindi introdusse questo zainetto di tipo militare identico per tutti i bambini. Ma fu dieci anni più tardi che il randoseru entrò a pieno titolo nella cultura giapponese, quando la scuola lo presentò al Principe Yoshihito, in procinto di andare alla Gakushuin.
Chissà se fu questa investitura ufficiale, fatto sta che come imposto da una legge che invece non c’è mai stata, il randoseru, con la sua caratteristica forma squadrata e le sue misure standard, entrambe rimaste pressoché invariate dal 1897 quando furono stabilite sempre dalla Gakushuin, è sempre stata, e lo è anche oggi, la borsa di riferimento per i bambini che vanno alle elementari.
Solo le varianti di colore del randoseru nel frattempo sono aumentate, dagli originari rosso vino e nero.
Gli stessi due colori che l’azienda Miki House produce oggi, in appena trenta esemplari per ciascun colore, utilizzando pellami pregiati lavorati da abili artigiani e destinati a famiglie ricche disposte a spendere poco meno di 2000 € per un randoseru davvero al top.
Quello che provai io, invece, ormai una decina di anni fa a Nara, era blu e dal costo molto più abbordabile. M’innamorai di questa cartella a zaino tutta giapponese – che non smette di piacermi anche oggi – e ne volevo comprare una, sia pur di seconda mano.
Ma mi stava troppo piccola sulle spalle, ovviamente, e non ebbi il coraggio di prenderla. Ma sono sicuro che prima o poi, piccola o no, metterò da parte le misure e la comprerò. Del resto il randoseru non è solo la borsa per i bambini delle elementari, ma un bellissimo oggetto di design giapponese.