La voce dall’altoparlante del treno della Keihin Tohoku Line annuncia la stazione. Altre volte l’avevo solo sentito, Ooimachi, Ooimachi, con la o pronunciata lunga, ma stavolta alla stazione di Oimachi sono sceso davvero. Per trascorrere una notte in hotel, intorno ad una di queste stazioni che sono piccole città. Una town, una delle tante, nell’infinito atlante metropolitano di Tokyo. In cui tutto, tanto, si svolge in o nei pressi di una stazione.
Gli urbanisti, i sociologi hanno detto che queste, le stazioni, sono le piazze per un Paese che non ne ha. O almeno per come le intendiamo noi. Già ma noi chi, la mia mente è ormai offuscata dalla società giapponese e non so quali siano i (miei) punti di riferimento. In Giappone le stazioni fungono spesso da fulcro sociale di un luogo.
E’ un concetto che “noi” (ci risiamo…) non abbiamo perché le nostre metropoli sono poca cosa rispetto a Tokyo. Pochi secondi dopo aver avvicinato il mio Pasmo al varco dell’uscita dalla stazione, vedo a destra un negozio di fiori, anche bello, non in stile stazione della metropolitana, ma alla giapponese, in cui alla fine, quando preparano il bouquet ti chiedono di scegliere il colore della carta su una tavolozza di legno simile a quella di un pittore. Vedo che nella stazione c’è anche Uniqlo, siamo a posto, posso fare rifornimento di t-shirt per l’estate. Me l’aveva detto mia moglie, a Oimachi c’è tutto.
Anche lo shopping mall Atré: chissà quanti piani ha. Sicuramente non mancheranno, al suo interno, caffè e pasticcerie. A proposito, passo davanti a Delifrance: che faccio, comincio subito con un melon pan (uno dei miei dolci preferiti !) ? Sì, non resisto. Pochi secondi e la crema all’interno, che sa di melone, mi si scioglie in bocca. In fondo all’altra uscita della stazione vedo Labi, un negozio di elettronica grande quasi quanto Yodobashi, buono a sapersi. Per arrivare al nostro hotel, invece, basta attraversare un quarto della piazza seguendo le strisce. Che strano, è la prima volta che vedo una cosa del genere: ci sono due ingressi dell’hotel.
Uno per le camere singole, l’altro per le doppie. Entriamo dal secondo: possiamo salire dalle scale mobili o in ascensore in fondo ad una piccola galleria con negozi. Scegliamo gli ascensori, passando davanti a locali e negozi. Ci sarebbe, prima di arrivare agli ascensori, abbastanza da fare per occupare almeno un paio di ore: c’è il St. MARC Café, i cui tavolini vicino alla vetrata sono tutti occupati da chi ha davanti sia una tazza che un libro. Chissà da dove vengono tutte queste persone, vorrei chiederglielo: “siete di Oimachi, di altre zone di Shinagawa o venite da più lontano ?”.
Ovviamente non ho il coraggio di chiederglielo. E dopo St. MARC ecco Mos Café: non il solito Mos Burger, che ha perlopiù panini (perfino di riso al posto del pane !) e patatine, ma un caffè ristorante, con scelta di piatti, dolci e smoothie colorati. Dell’uniforme dello staff di Mos mi è sempre piaciuto il cappellino, beige, indossato con la visiera all’indietro. Camminiamo ancora e prima degli ascensori che portano all’hotel passiamo davanti ad un paio di izakaya e, di fronte, ad un negozio di vestiti e accessori (dove mia figlia ci scova subito un bel pelouche…). Ma è quello che che noto subito dopo gli ascensori a piacermi di più: un Family Mart !
Dai, un konbini proprio qui, esci dall’ascensore ed è lì. Stanotte potrei perfino uscire in pantofole (ma non sono il tipo, non lo farò) dalla camera, alle 3 o alle 4, prendere l’ascensore e trovare subito Family Mart. Non è certo il primo konbini che vedo, ce ne saranno decine di migliaia in tutto il Giappone, ma questo qui è proprio vicinissimo. Non c’è da uscire per strada, attraversare strade o girare l’angolo. Potrei comprarci un caffè, camminare nella piccola galleria fino a raggiungere la piazza e dare un’occhiata per vedere se, a quell’ora, è deserta.
E dopo due minuti, ma dico due, riessere a letto in camera. Tutto qui, raccolto in pochi metri. Qui a Oimachi e nelle mille Oimachi di Tokyo c’è tutto o quasi. Non solo una stazione. Ci puoi passare comodamente un’intera giornata così, senza muoverti. Che tentazione a non partire l’indomani, trascorrendo invece un giorno d’ozio tra negozi e locali di stazione e dintorni. Quasi quasi mi allungo anche a conoscere l’altra parte della stazione, uscendo dall’altra uscita. Dove, presumibilmente, troverò un altro piccolo mondo.