La prima volta che vidi, si fa per dire, il Monte Fuji fu, come accade per molti stranieri che vanno in Giappone per la prima volta, dal finestrino dello Shinkansen. Quello che mi portò da Tokyo a Kyoto. Apparve all’improvviso, seminascosto dalla nebbia. Ma la prima volta che riuscii a guardarlo meglio, anzi contemplarlo, sia pur da lontano, fu qualche anno dopo dalle finestre del Park Hotel di Shiodome. Era uno di quei tramonti bellissimi e l’inconfondibile silhouette della montagna si stagliava carica di tutto il suo fascino nel nitidissimo cielo colorato di arancione.
Lo scorso maggio sono entrato da Uniqlo, a Oimachi, per acquistare una
t-shirt, ma mentre stavo andando alla cassa per pagare quella che avevo scelto, eccone un’altra che mi conquista -quella che si vede nella foto (però quello che l’indossa non sono io…)-, con sopra raffigurato il Fuji, dipinto nella sua luce estiva da Katsushika Hokusai, così torno indietro e scelgo quella. Più tardi, quella stessa sera, a cena da un’amica di mia moglie, Kumi, sorseggiai una birra servita in un bicchiere a forma di Fuji. E qualche tempo prima, quando ero entrato in Giappone da Narita, l’ufficio immigrazione mi aveva apposto sul passaporto un timbro riportante il disegno del Fuji. Ed era la prima volta, da tanti anni che frequento il Giappone.
Qualche settimana fa, invece, il 10 Luglio, nella prefettura di Shizuoka, annunciata dalla cerimonia con la spada di un samurai, si è aperta la stagione della salita al Fuji, alto 3776 metri, la montagna più alta e famosa del Giappone. Più di 200 mila persone aspettavano questo momento, per un periodo che durerà 10 settimane. Come ogni anno, per le autorità si pone lo stesso problema: far coesistere questi grandi numeri con la protezione dei luoghi, si pensi all’erosione dei sentieri calpestati da così tante persone, mantenendo la sacralità di una montagna, che l’Unesco ha dichiarato Patrimonio dell’Umanità nel 2013, meta di pellegrinaggi e icona indiscussa per pittori, poeti e, appunto, escursionisti.
Le due prefetture nelle quali si trova il Fuji, Shizuoka e Yamanashi, hanno stilato un calendario con il numero di escursionisti previsto ogni giorno, ma ciò è riuscito solo in minima parte ad influenzare le abitudini di chi ascende la montagna. Un’idea, piuttosto coraggiosa, sarebbe quella di limitare il numero dei trekker ogni giorno; altre, meno drastiche, quelle di chiudere alcuni parcheggi frequentati dagli escursionisti e aumentare le tariffe degli alloggi di montagna nei giorni di maggior afflusso. Intanto, sui sentieri che salgono in cima al Fuji, l’ora di punta è quella tra le 3 e le 4:30 del mattino, in tempo per assistere al sorgere del sole. Uno spettacolo che vale il viaggio. Anzi una salita. Anche nei giorni da bollino rosso.