Il brillante disegnatore francese Florent Chavouet gli ha dedicato l’apertura di ognuno dei capitoli del suo Tokyo on Foot, per me uno dei libri più intelligenti mai scritti, anzi disegnati, trattandosi di un libro di disegni, su Tokyo. E infatti come fanno a non piacere, esteticamente parlando, i koban ? Cioè quelle casette, a volte poco più di un gabbiotto, che sono minuscoli posti di polizia, di quartiere, che si trovano praticamente dappertutto a Tokyo e in tutte le grandi città giapponesi, per un totale di circa 6000 koban. Non fosse altro per la loro improbabile architettura, segno di un Giappone brutto ma al quale ci si affeziona.
Un elemento del panorama urbano di Tokyo (ma come detto sono anche altrove), una icona, che l’inglese traduce, con il solito senso pratico, con police box e la cui presenza non manca di incuriosire chi vista il Giappone. Contraddistinti anche da una lucetta rossa -ma che non venga in mente di chiamarle casette a luce rossa-, nei più grandi ci sono diversi poliziotti, ma non è raro vederci dentro anche solo un poliziotto, di mezz’età, seduto dietro una scrivania in una stanzetta spartana sui cui muri campeggiano le foto segnaletiche dei ricercati.
Mi sono sempre chiesto cosa ci fosse nel retro, nella stanza che non si vede o al piano di sopra: magari un letto ? Molto spesso fungono da punto di riferimento quando si dà indicazioni su un indirizzo: vai diritto poi quando arrivi al koban gira a sinistra…E tutte le volte che giungo in metropolitana ad Ikebukuro e prendo l’uscita Est li vedo sempre, di solito tre poliziotti, in maniche di camicia se fa caldo, con le biciclette parcheggiate al lato dell’ingresso del koban. Gli stranieri trovano questi singolari posti di polizia molto utili per chiedervi informazioni, ma la funzione del koban è principalmente quella del controllo capillare del territorio e del generico senso di sicurezza che danno con la sola presenza.
Ma il recente ferimento di un poliziotto che era da solo nel koban con conseguente sottrazione della sua pistola, fatto avvenuto nella prefettura di Osaka, ha riportato l’attenzione sulla necessità, ancora, di mantenerli. Che saranno pur utili, come detto, ma espongono i poliziotti a certi rischi. Come dimostrano numerosi casi del genere in cui ad essere aggrediti sono stati proprio poliziotti che erano nei koban. Da qui la possibilità che il sistema tutto giapponese dei koban possa essere rivisto, innanzitutto evitando vi si venga a trovare un solo poliziotto e chiudendoli poi di notte, quando potrebbero essere sostituiti dalle più grandi stazioni di polizia presenti sul territorio.